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mercoledì 4 giugno 2014

Gente del Marocco

Gente del Marocco.
Viaggiare sulle strade del Marocco è un esperienza unica. Non solo per la bellezza del paesaggio, per l'intensità della luce, per il profumo di Africa che ti avvolgono tutti insieme. Anche per l'incredibile varietà di personaggi che incontri quotidianamente, così pregni di umanità e di umiltà e tanto lontani, con i loro spontanei e inconsci atteggiamenti da palcoscenico, dal clichè dei rapporti sociali di tutti i giorni.
Nell'ultimo viaggio in questo bellissimo paese questi sono i personaggi della commedia umana vissuta in terra maghrebina.


Il figlio del parcheggiatore
E' sera a Ouarzazate; ci spostiamo dall’albergo alla kasbah. C’è in giro poca gente ed il parcheggio ai piedi delle vecchie mura è vuoto. Entriamo, parcheggiamo, facciamo un breve giro ed al ritorno troviamo un ragazzino di massimo 10 anni accompagnato da un amichetto. Ci chiede la solita moneta da 10 dirham che è abituale lasciare ai custodi che trovate in ogni parcheggio di ogni città del Marocco. Gli chiedo perchè e risponde tranquillo dicendo che è il figlio del parcheggiatore….. Un grande! Finisce con 5 dirham a testa per lui e l’amico. Come resistere alla fantasia ed alla faccia tosta!?!

La berbera del “restaurant”
Ora di pranzo nella valle del Draa, tra Ouarzazate e Zagora. Appare sulla sinistra, su un balcone naturale affacciato sul palmeto, un muro di recinzione bianco con la scritta Restaurant ed una bandiera marocchina che sventola. Parcheggiamo ed esce una berbera; c’est possible manger ici, le chiedo. Fa cenno di si con la testa ed entriamo dietro a lei che ci fa strada in un giardino pieno di alberi tra cui si intravedono edifici diroccati, con i vetri rotti. Ci conduce su uno spiazzo da cui si gode un panorama meraviglioso e nel quale ci sono due tavoli di plastica con relative sedie, databili sicuramente nello scorso millennio. L’abito della nostra ospite presenta macchie di unto in più punti, per tacer dei piedi inciabattati….. Amiamo il rischio, e tanto siamo vaccinati. Ci accomodiamo e cerchiamo di capire cosa offre la cucina: menu mono portata, tajine… Ci rilassiamo al sole per un ora, giusto il tempo necessario alla cottura. Nonostante tutto carne e verdure erano ottimi, magari non proprio abbondante la porzione, ma ce ne andiamo soddisfatti, non prima che un tipo, forse il figlio, sia passato a chiederci in prestito una penna che serviva a scrivere il conto….




I venditori di Zagora
Parcheggiamo sulla via principale e tempo 3 minuti e 50 metri diciamo no alle seguenti proposte: un tappeto proposto da un tipo che ha il cugino che abita a Mantova, una guida per non ho capito dove; uno shesh contro il sole (che stava tramontando…); una jellaba per me e per i ragazzi; cediamo solo all’acquisto di uno stick di burocacao ed a 4 frullati freschi, peraltro non propostici ne dal farmacista ne dal barista….


Alì d’Amezrou
Forse l’unico marocchino stressato, una rarità! Ci fermiamo ad Amezrou per cercare l’accesso al palmeto ed alla kasbah e nello specchietto laterale vedo che arriva correndo questo ragazzo, con pantalone gessato giubbotto beige e scarpa nera impolverata; elegante direi. Si propone come guida e ci chiede 50 dirham, concordiamo per 30 e partiamo di corsa, nel vero senso della parola, verso il palmeto. Alì va veloce e continua a gridare: le jardin d’Amezrou, le grand jardin! c’est tres tres beaux. Je suis Ali d’Amezrou. Le jardin, le grand jardin…. e ride. E poi ricomincia con la cantilena. Gli stiamo dietro a fatica. Se ci fermiamo a fare una foto lo perdiamo di vista. Si arrampica anche su una palma, con la sue scarpe nere con la suola di cuoio…. entriamo nella kasbah e ogni volta che passiamo vicino a dei muri crollati sottolinea: la maison a tombeè e ride. E’ poi il turno della maison de Millah, ripetuto innumerevoli volte: ci porta da una berbera in carne che ci apre una porta chiusa a chiave e ci fa entrare in una stanza della kasbah ottimamente conservata: è la maison de Millah ma ancora non abbiamo capito se la berbera si chiama Millah. L’unica certezza è che le abbiamo lasciato 5 dirham. Finito il tour insiste per portarci a casa sua a conoscere la sua famiglia. Dobbiamo dirgli no almeno 10 volte prima che ci lasci partire. Usciamo divertiti da questa esperienza ed il motto le grand jardin tres tres beaux diventa il tormentone del nostro viaggio….



I cammellieri delle dune di Tindouf
Sono sotto le dune, da soli con le loro annoiate bestie, senza che i pochi viaggiatori che si fermano li degnino di uno sguardo. Provano ad offrirmi la “cammellata” intorno alle dune. Gli dico che stiamo andando a M’hamid. Si lamentano dicendo che tutti vanno laggiù e nessuno li fa lavorare. Poco felicemente faccio la battuta: andate anche voi a M’hamid così trovate i clienti…. Non apprezzano. Gli offro qualche sigaretta rifiutando la proposta di comprargli almeno uno shesh. Ripartiamo, lasciandoli la in mezzo alla sabbia a far niente….

Il professore al bar
Tagounite: villaggio di frontiera al limitar del vero deserto. Pausa pranzo in bar ristorante sulla strada principale, l’unica strada del paese direi… In attesa delle brochette e delle omelette ordinate al cameriere – cuoco – gestore tuttofare del locale mi guardo intorno. Ad un tavolo è seduto un giovane marocchino, distinto, pulito, abiti occidentali, con gli occhiali e le movenze delicate. Beve una spremuta di arancia. Mi chiedo cosa ci faccia in un posto come questo. Dopo un po’ arriva un ragazzino, nero, con dei libri in mano. Lo saluta stringendogli la mano e si siede con lui ad un altro tavolo, all’ombra. Apre un quaderno ed insieme cominciano a leggere. Il giovane distinto gli spiega la lezione ed il ragazzino nero lo segue con attenzione. Ripetizioni nel deserto…. Una scena bellissima!

La guida Zaid
Puntuale si presenta all’appuntamento a M’hamid. Deve venire con noi per aprire il cancello della recinzione dell’Oasi Sacra, dove pernotteremo ed il giorno dopo fare con noi la traversata dell’erg Chegaga e del plateaux d’Iriqui, fino a reincontrare l’asfalto a Foum Zguid. E’ berbero, ha 21 anni, una tunica blu sopra i jeans, scarpe da tennis e un sorriso furbo e pulito.  Parla poco anche perché non conosce molto bene il francese, ma ci capiamo. Da Foum Zguid doveva tornare da solo a M’hamid; gli ho chiesto come faceva e mi ha detto che prendeva le petit train  che passava da Zagora ma non sapeva quando partiva e quindi quando sarebbe ritornato a casa… L’abbiamo invitato a pranzo con noi a Foum e quando ho chiesto il conto si è offerto di pagare la sua parte, cosa che ovviamente ho rifiutato categoricamente. Sono stato proprio felice di lasciargli una bella mancia. Forse è per quello che quando ci siamo salutati mi ha abbracciato come se fossi un suo vecchio amico….


Il nomade autostoppista
Mezzogiorno passato e mancano una ventina di chilometri di pista a Foum Zguid. A lato della pista vedo un vecchio berbero che mi fa cenno di fermarmi. Chiede un passaggio per andare in città.  Zaid gli parla e ci dice che è un pastore e sta camminando da tutta la mattina verso Foum. Poco più avanti troviamo un altro vecchio che chiede anche lui il passaggio. La cosa che mi sorprende è come queste persone siano abituate a partire a piedi per attraversare decine di chilometri di deserto senza sapere se e quando arriveranno alla metà, insciallah...


Il militare in licenza
Pomeriggio, tra Foum Zguid e Tata, percorrendo una fantastica strada in mezzo al nulla. Parcheggiamo nello spiazzo antistante la cascata di Tissint. Due giovani uomini seduti su un sasso si alzano al nostro arrivo e si allontanano. Ci affacciamo a vedere la piccola cascata che si getta nel fiume. Si avvicinano e uno dei due chiede da dove veniamo. Ci da delle informazioni sul fiume, sulla cascata, sul villaggio e poi inizia a parlare di se. Lavora a Laayoune ed è in vacanza nel suo paese natale insieme all’amico. Gli chiedo che lavoro fa e mi risponde che un militare…. Non lo invidio, nei territori dell’ex Sahara Occidentale non deve essere molto tranquillo lavorare nell’esercito. L’amico invece studia storia egiziana e dei paesi arabi all’università. Quando gli dico che in Italia non ci insegnano la storia del mondo arabo la sua risposta mi gela: lo so io il perché, perché voi occidentali avete paura di noi, credete che siamo tutti integralisti e terroristi! La discussione si fa interessante e delicata…. In breve, passando dalle crociate alla guerra in Iraq, attraversando Palestina e Afghanistan ci fa un quadro molto preciso del suo pensiero, concludendo che gli arabi amano la pace, ma se qualcuno va nei loro territori e li occupa allora si incazzano (con esplicito riferimento alla Palestina) e che la colpa di tutte le ultime guerre è nel capitalismo sionista, che controlla i mercati ed in particolare quello del petrolio. Per parte nostra abbiamo sottolineato che nelle nostre società, europea e araba, ci sono persone giuste e persone indegne. Le prime sono quelle che accettano e si confrontano con la diversità di cultura e religione grazie allo studio ed ai viaggi. Noi apparteniamo a questa categoria ed il fatto di viaggiare da soli nei paesi arabi ne è una dimostrazione. Per riportare la conversazione su temi più leggeri, ovviamente abbiamo poi parlato di bunga bunga….. 


Il pescatore di Agadir
Passeggiamo sulla spiaggia di Agadir, diretti verso il porto. E’ l’ora di pranzo e vogliamo andare dove so che cucinano il pesce appena pescato e te lo servono sui tavolacci di legno a prezzi marocchini. Ci affianca un vecchio, maglietta rossa, rughe sul viso e bocca sdentata. Solito attacco, siete italiani? ( e che ce lo leggono in faccia?) io conosco l’Italia, etc etc , e ci dice che è un pescatore e che più avanti, sulla destra si può mangiare il pesce fresco, non come quello dei ristoranti che è congelato. Lo ringrazio della indicazione. Facciamo una deviazione e lui ci lascia. Riprendiamo la strada per il porto e lui riappare. Ci fermiamo a fumare una sigaretta e lui si allontana. Riprendiamo a camminare e lui è di nuovo da noi. A questo punto è chiaro che ci vuole accompagnare al mercato del pesce e tutto sommato ci va bene perché non è proprio facile da trovare. Dopo esserci infilati in un parcheggio impolverato tra auto e mendicanti, a lato del quale si trova una serie di banchi del pesce con annessa cucina ci conduce al n. 21 e ci presenta ad un altro vecchio che dice essere suo fratello. Accoglienza molto calda e simpatica, gran mangiata di pesce alla griglia e frittura, in compagnia di commensali rigorosamente locali con cui dividiamo panca e tavolata. Ed il nostro pescatore? Seduto in un angolo a bere il tè, defilato e solitario. Terminato il pranzo paghiamo e ci alziamo. Ovviamente si alza anche lui e riattacca: morale, è ovvio che vuole la mancia per averci portato fino lì. Con una bella faccia tosta chiede 150 dirham (la metà di quello che abbiamo speso per mangiare e bere in 4 !), dicendo che gli servono i soldi per comprare da mangiare ai figli. Estraggo dalla tasca una banconota da 50, gliela metto in mano e lo saluto.

Ci sarebbero anche Brahim dell’hotel La petite kasbah di Zagora, la guida della biblioteca di Tamegroute, Yasmine dell’agenzia Iriqui di Ouarzazate, i finti tuareg di M’hamid, il musicista di Tafraoute e tutti i venditori di merci varie o sogni che ci hanno fermato per strada.

Magari ne parliamo un'altra volta...